Il Battistero Paleocristiano di San Giovanni in Fonte.
Marcellianum era un suburbio di Cosilinum, antica città della Lucania romana, i cui resti sono stati identificati sul colle della Civita, ad est di Padula. Attraversato dalla via romana, costruita nel secondo secolo avanti Cristo, che da Reggio portava a Capua, era sede, nell’Alto Medioevo, di una delle più importanti fiere dell’Italia meridionale alla quale accorrevano molti popoli delle regioni vicine: Apuli, Bruttii, Calabri, Campani. La fiera, in epoca pagana ricordata col nome di “Leucòthea”, si teneva il quattordici o il sedici settembre, giorno di commemorazione della nascita di San Cipriano per i cristiani. Situata in una zona fertilissima, Marcellianum aveva acque limpide e trasparenti che scaturivano da una sorgente considerata sacra, perché vi veniva amministrato per immersione il primo battesimo cristiano. L’elemento più interessante è proprio la presenza del battistero costruito sulla sorgente. Nel resoconto a Re Atalarico sulla fiera e sul battistero, Cassiodoro descrive la vasca lustrale dove si immergevano i catecumeni e la crescita spontanea dell’acqua della fonte battesimale nella “sacra notte”, quando venivano completamente sommersi due dei sette gradini della vasca, di solito asciutti. La fondazione del battistero e del borgo, viene fatta risalire a Papa Marcello primo (308-309), che avrebbe ordinato ventuno vescovi e, probabilmente, l’edificazione di altrettanti diocesi e battisteri. Così, in sua memoria, il luogo prese il nome di Marcellianum, mentre la presenza del nome pagano di Leucòthea, legato alla stessa fonte, fa pensare al culto più antico della ninfa delle acque e ad un insediamento preesistente. Nell’Alto Medioevo Marcellianum è sede di una diocesi che, se effettivamente fondata da Papa Marcello primo, rappresenterebbe uno dei più antichi insediamenti cristiani d’Italia costituito si in età costantiniana. Sulla scomparsa del borgo sono state avanzate due diverse ipotesi. La prima, di Vittorio Bracco, ne fa risalire la distruzione alle scorrerie dei Saraceni nel nono secolo; l’altra, di Giovanni Vitolo, alla guerra greco-gotica e alla successiva discesa dei Longobardi (sesto-settimo secolo). Nel dodicesimo secolo, sulle macerie del battistero fu costruita una chiesa dedicata a San Giovanni Battista. Ruggero secondo il Normanno, re di Sicilia, la donò ai Cavalieri Templari, cosicché la chiesa fu trasformata in cenobio dei Templari prendendo il nome di commenda di San Giovanni in Fonte. Nel 1308, Roberto, duca di Calabria e vicario generale del regno, su ordine del padre Carlo secondo, abolì l’Ordine Templario nel Regno di Napoli, e qualche anno dopo, nel 1312, il Concilio di Vienna abolì l’Ordine in tutta la Cristianità, devolvendo i beni all’Ordine dei Cavalieri di San Giovanni di Gerusalemme, noto anche come Ordine Gerosolomitano di Malta. In tale occasione il battistero subì profonde trasformazioni, quali la costruzione di un portico, l’innalzamento del piano della cappella, la sistemazione del deflusso delle acque sorgive, ed un generale consolidamento delle strutture murarie. Gestita per un lasso di tempo dai padri di Sant’Antonio Abate, tra il diciottesimo ed il diciannovesimo secolo, a seguito della soppressione degli ordini religiosi, San Giovanni in Fonte passa al regio demanio. Infine, nel 1852, Ferdinando secondo di Borbone dona parte dei beni della commenda di San Giovanni alla Certosa di Santo Stefano al Bosco in Calabria. L’edificio è costituito da una costruzione quadrilatera affiancata sul versante sud, da un portico. Esso è diviso in tre ambienti: il primo, in cui affiora la sorgente, è completamente invaso dall’acqua; il secondo, costituito dalla vasca battesimale fiancheggiata da due brevi ambulacri, rappresenta il nucleo più antico risalente al sesto secolo circa, ed infine si accede ad un vano absidato successivamente trasformato in cappella. La vasca è definita da quattro archi in laterizio, di cui tre affacciano sul deambulatorio laterale, ed hanno uguale luce. Il quarto arco, ad ovest, ha luce maggiore essendo impostato su due masselli calcarei ad una quota più bassa. Ai quattro angoli del vano si evidenziano le cuffie di raccordo con la copertura della vasca, che, impostata su di un perimetro circolare, assumeva probabilmente la forma di una cupola semisferica a sesto ribassato. Nel 1980, quattro affreschi raffiguranti i volti degli Evangelisti sono stati scoperti nelle concavità delle cuffie. Le pitture, in cattivo stato, rimosse a cura della locale Soprintendenza per i beni artistici ed architettonici, risalirebbero al periodo longobardo, e dopo i lavori di restauro dell’intero complesso sono state riposte in sito. Nella cappella si nota no, inoltre, tracce di affreschi rappresentanti la teoria degli Apostoli, risalenti al dodicesimo secolo.