certosa
03 Certosa di S. Lorenzo

La Storia

La Certosa di San Lorenzo

La costruzione della Certosa di San Lorenzo in Padula, che faceva parte della provincia cartusiana “Sancti Brunonis”, fu voluta e finanziata a partire dal 1306 da Tommaso Sanseverino, conte di marsico e signore del Vallo di Diano, sotto la supervisione organizzativa del priore della Certosa di Trisulti (Frosinone). Tommaso aveva acquistato, in precedenza, dall’Abbazia di Montevergine un’antica Grància già dedicata a San Lorenzo, costituendo il nucleo originario su cui realizzare il cenobio. Diverse furono le ragioni che spinsero il Conte ad una tale realizzazione: accanto alle motivazioni ufficiali di ordine religioso e devozionale, di sicuro ve ne furono altre di prestigio e di convenienza. Certamente determinante fu la comune origine francese dell’ordine monacale e degli Angioini, sicchè i regnanti non poterono non gradire l’appoggio dato a quell’ordine, aristocratico e colto, tant’è che, dopo qualche tempo, Tommaso Sanseverino fu nominato connestabile del Regno da Carlo II lo zoppo. Altra ragione fu certamente dettata dalla necessità di bonificare dalle paludi le proprietà nel Vallo di Diano; d’altro canto, nel Medioevo, spesso furono proprio le grandi organizzazioni monastiche ad occuparsi di questo servizio e un gruppo come quello certosino si prestava bene anche a questo scopo. Un intreccio di motivazioni diplomatiche e pratiche, quindi, portò la famiglia Sanseverino ad interessarsi in particolare di questo ordine tanto da proteggerlo almeno fino all’inizio del sedicesimo secolo. L’impianto costruttivo delle certose è sempre uguale in qualsiasi paese esse siano state costruite, poiché deriva dalla rigida applicazione della regola. Al di là, quindi, della grandiosità, della bellezza e della ricchezza di ogni singola struttura, l’impianto iconografico rimane sempre inalterato. Gli ambienti delle certose si dividono in “casa bassa” e “casa alta”: nella prima rientrano i luoghi di lavoro (depositi, granai, stalle e lavanderie), la seconda, invece, è la zona di residenza dei padri, il regno del silenzio e della più stretta clausura. Questa netta divisione rispecchia in pieno le esigenze di un gruppo monastico composto sia da padri di clausura che da conversi, monaci questi ultimi a tutti gli effetti, ma che volontariamente non prendono il voto di clausura per occuparsi delle varie attività produttive e dei servizi. Dell’impianto più antico restano in Certosa pochi elementi: tra questi si ricordano lo splendido portone della chiesa datato al 1374 e le volte a crociera della chiesa stessa. A partire dal Concilio di Trento (metà del XIV sec.) furono avviate le grandi opere di ampliamento che modificarono radicalmente l’antica struttura trecentesca. In quegli anni, tra l’altro, furono iniziati anche i lavori che porteranno, molto più tardi, alla realizzazione del Chiostro grande e dello scalone ellittico. Gli ultimi interventi si registrano nel XVIII sec., cui risalgono la costruzione del Refettorio e le decorazioni a stucco di diversi ambienti. Alla fine del 1700 può dirsi conclusa l’epoca felice vissuta da questo complesso perché, durante il “periodo francese” e precisamente all’inizio del 1807, la Certosa di San Lorenzo fu soppressa ed i monaci costretti ad abbandonarla. Tutto il tesoro d’arte, tele, ori, statue, argenti, ecc., che i monaci avevano acquisito nei secoli precedenti, fu portato via, compresi i testi della ricchissima biblioteca, e disperso. Alla fine del periodo napoleonico, i certosini rientrarono nella loro Casa senza più il peso ed il potere avuti in precedenza. Rimasero a Padula fino al 1866 quando lasciarono definitivamente la Certosa, dichiarata nel 1882 monumento nazionale. Nonostante ciò essa cadde per molti anni nell’oblio e nell’abbandono, utilizzata finanche come campo di prigionia nelle due guerre mondiali. Bisogna aspettare i primi anni ’60 per assistere all’inizio di lavori di ristrutturazione, voluti dalla Cassa per il Mezzogiorno, ma il definitivo impulso alle opere di restauro e di recupero è stato dato dalla Soprintendenza per i BAAAS di Salerno a cui il monumento è stato affidato dal giugno 1982 e che ha profuso ogni energia intellettuale ed economica per riportare il cenobio al suo antico splendore e per la sua valorizzazione e rifunzionalizzazione.

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