25 Ossario dei 300 di Pisacane

La Storia

Ossario dei Trecento

Quando i “rivoltosi” (quest’appellativo fu dato ai Trecento di Pisacane) giunsero a Padula, nella serata del 30 giugno 1857, apparve loro “mezza calzetta” (così i padulesi chiamavano S. Michele, il santo Patrono ), dicendo: <”Tornate indietro. Vi uccideranno”.

Questa leggenda, come tutte le fiabe nate dalla fantasia popolare, ha un particolare significato profetico per I’epilogo di quella che può ben definirsi I’eroica follia di Carlo Pisacane, precursore di Garibaldi, e di questi più grande, perche con la sua sfortunata impresa, gettò il seme nelle coscienze italiane dell’unità nazionale.

II motivo predominante che indusse Pisacane a dirigersi, dopo la delusione subita a Sapri, verso Padula fu la speranza di trovarvi ad attenderlo Antonio Santelmo ed il sacerdote Vincenzo Padula (in seguito eroi dei “Mille’).

La costante propaganda di redenzione, condotta per anni da questi due ardenti liberali, si era imposta oltre i confini di Padula, sino a raggiungere, messaggera di libertà e rivolta contro il dominio borbonico, i limitrofi paesi e la forte, generosa terra Cilentana.

Ma il destino fu avverso al biondo eroe di Sapri, infatti il Santelmo ed il Padula, unici amici sui quali poteva fare sicuro affidamento, erano il 30 giugno assenti. II primo nascosto nel Cilento per sfuggire alla cattura da parte dei borboni, ed il secondo detenuto nel carcere di Salerno. Perciò quando Pisacane giunse a Padula restò assai deluso per la glaciale, abulica accoglienza di alcuni notabili del luogo; trovò che nessun piano era stato precedentemente coordinato e questo grave errore fu la causa principale dell’insuccesso.

Egli aveva a lungo pensato e creduto che a Padula avrebbe trovato molte persone disposte ad assecondare i suoi disegni militari, che si proponevano soprattutto di iniziare da qui i moti insurrezionali.

Grazie al forte carattere di rivoluzionario e patriota, non si scoraggiò e, convinto che le grandi idee per trionfare hanno bisogno del supremo sacrificio, decise subito I’azione strategica da condurre, disponendo parte dei suoi uomini sul colle di S. Canione ed altri, alla spicciolata, in diversi punti della via Costa. In tal modo pensava di poter dominare facilmente ogni tentativo di offesa o resistenza dei gendarmi borbonici. Ma era ignaro del tradimento perpetrato ai suoi danni da tal Biase Grizzuti di Sala Consilina il quale, liberale prima indossò dopo per paura e viltà la divisa borbonica, rivelando al Comandante del Presidio borbonico di Sala, Colonnello Ghio, il piano strategico della spedizione. Le guardie urbane di Padula, oltre una sessantina, dopo il tradimento dei Grizzuti, ebbero ordine dal giudice regio locale, ligio ai Borboni, di sorvegliare i movimenti dei “rivoltosi”.

Nel frattempo la cavalleria borbonica, dopo avere oltrepassato con molta circospezione Ia montagna S. Michele di Sala, si avvicina lentamente alle spalle dei Trecento. Un banale incidente segnò I’inizio della tragedia.

Una guardia urbana, appostata a poche centinaia dì metri dalla colonna dei Pisacane, vedendo fuggire una lepre, sparò un colpo di fucile per ucciderla.

Le sentinelle della Spedizione, pensando che il colpo fosse stato sparato contro di loro, gridarono ai compagni di contraccare. II fuoco, sebbene lentamente, durò circa due ore e il Pisacane, credendo amiche le guardie urbane, intervenne per ordinare una tregua. E fu la fine. Perchè i Borbonici dei Colonnello Ghio, piombarono loro addosso da tutte le parti, Ii strinsero in un cerchio di fuoco. Il primo a cadere, mortalmente ferito, fu Ludovico dei Conti Negroni di Orvieto. Poi la fiumana borbonica si riverso sui Trecento animosi e li travolse, costringendo i superstiti a lasciare il terreno disseminato di cadaveri.

Con una poesia, ” La Spigolatrice di Sapri ” Luigi Mercantini alcuni anni dopo, rievocò quel fatale giorno (1° luglio 1857) .

I resti dei 59 caduti nella infausta giornata dei 1 luglio 1857 furono dignitosamente sistemati nella Chiesa dell’Annunziata a cura dell’Amministrazione Comunale di Padula.

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